No a passi indietro sulle riforme pensionistiche nella zona euro o si metterebbe a repentaglio la sostenibilità dei conti pubblici. In un articolo contenuto nell’ultimo
Bollettino economico, la Bce ribadisce il monito ai Paesi della moneta unica affinché attuino con efficacia le riforme del sistema previdenziale adottate negli ultimi anni.
SPESA PUBBLICA – La Bce sottolinea come “l’invecchiamento demografico comporterà anche dei cambiamenti nei prezzi relativi, per motivi principalmente riconducibili a spostamenti della domanda, in particolare con incrementi della domanda di servizi”. L’impatto si farà ovviamente sentire anche sulla spesa pubblica e la sua composizione.
“Ci saranno anche ulteriori pressioni al rialzo sulla spesa pubblica per pensioni, assistenza sanitaria e cure a lungo termine. Ciò renderà problematico per i paesi dell’area ridurre il consistente onere del loro debito e assicurare la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo”, avvertono gli economisti della Bce. In questo quadro, si ricorda, “molti paesi hanno adottato riforme pensionistiche a seguito della crisi del debito sovrano, benché la rapidità di attuazione di tali riforme sia recentemente diminuita“.
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ITALIA – Tra i Paesi che hanno adottato riforme previdenziali in piena crisi economica c’è l’Italia, con gli interventi definiti dal governo Monti e che prendono il nome dalla responsabile del Lavoro Elsa Fornero. Un ‘pacchetto’ che è stato oggetto della recente campagna elettorale italiana, anche se gli economisti dell’Eurotower invitano ad evitare dietrofront in materia pensionistica.
AUMENTO ETA’ – In particolare, “l’aumento dell’età di pensionamento potrebbe ridimensionare gli effetti macroeconomici negativi dell’invecchiamento, grazie all’effetto favorevole sull’offerta di lavoro e sul consumo interno. Al contrario, la riduzione del tasso di sostituzione tenderà a contrastare in misura molto limitata tali effetti macroeconomici, mentre l’aumento delle aliquote contributive tenderà di fatto ad esacerbarli”.
SIMULAZIONI – Questi risultati sono confermati da simulazioni basate su modelli, affermano gli economisti, precisando però che si tratta di valutazioni generiche che “non consentono di trarre conclusioni relative ai piani di riforma dei singoli Paesi”.
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