In Italia quasi una persona su 4 (il 23%) era a rischio povertà nel 2016. Secondo l'indagine di Bankitalia
sui bilanci delle famiglie, la quota di individui con un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (che individua il rischio di povertà ed era pari a circa 830 euro mensili nel 2016) è salita al massimo storico del 23% (dal 19,6% del 2006). È un livello che non si era mai raggiunto dal 1989.
sui bilanci delle famiglie, la quota di individui con un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (che individua il rischio di povertà ed era pari a circa 830 euro mensili nel 2016) è salita al massimo storico del 23% (dal 19,6% del 2006). È un livello che non si era mai raggiunto dal 1989.
Nel caso degli immigrati l'incidenza di questa condizione è salita dal 34% al 55%, e una crescita notevole del rischio povertà si è avuta anche al Nord (dall'8,3% al 15%).
Il rischio di povertà è più elevato per le famiglie con un capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all'estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. Tra il 2006 e il 2016 è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni.
Tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta è diminuita, quasi interamente per effetto del calo del prezzo delle case. La flessione è stata più marcata per i patrimoni più elevati. Circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell'abitazione in cui risiede. La quota di proprietari è però ancora diminuita tra le famiglie con capofamiglia fino a 45 anni.
Aumentano anche le disuguaglianza nella distribuzione dei redditi. Nel 2016 il 5% dei cosiddetti Paperoni deteneva il 30% della ricchezza complessiva. Il 30% più ricco delle famiglie ha circa il 75% del patrimonio netto rilevato nel complesso, con una ricchezza netta media di 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. Al 30% delle famiglie più povere invece l'1% della ricchezza.
Rispetto alla precedente indagine, il reddito equivalente medio è cresciuto del 3,5%; si è interrotta la caduta, pressoché continua, avviatasi nel 2006 ma il reddito equivalente è ancora inferiore di 11 punti percentuali a quello registrato in quell'anno.
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