Il governo ha deciso il blocco totale per due settimane, coincide con le festività più importanti nel calendario ebraico, fino a Yom Kippur.
Le scuole e tutte le attività commerciali devono chiudere (tranne supermercati e farmacie), i ristoranti possono restare aperti per il take-away, gli spostamenti sono limitati a 500 metri dall’abitazione.
Dopo questa prima fase ne sono previste altre due, con limitazioni graduate in base all’andamento dei contagi.
Per settimane i ministri hanno discusso se approvare il piano a semafori definito da Ronni Gamzu. Il medico incaricato di coordinare le operazioni anti-Covid 19 proponeva di chiudere solo le città rosse (le altre identificate come gialle e verdi) dove la diffusione del virus è ormai fuori controllo. Il problema è che queste 30 zone sono a maggioranza ultraortodossa o a maggioranza araba. «Quelli che se ne fregano dello Stato e quelli di cui lo Stato se ne frega», ha commentato qualcuno. I partiti ultraortodossi fanno parte della coalizione e hanno minacciato il premier Benjamin Netanyahu di fargli saltare il governo, se avesse imposto una chiusura mirata alla comunità. I rabbini si sono ribellati fin dai primi giorni dell’epidemia a qualunque regola che limitasse lo studio nelle scuole religiose o gli assembramenti dei fedeli. I leader ultraortodossi non sono contenti neppure della chiusura totale che colpisce anche le sinagoghe.
https://www.corriere.it/esteri/20_settembre_11/coronavirus-israele-vara-secondo-lockdown-primo-paese-mondo-3d16e0aa-f404-11ea-8510-bc9735e39b6a.shtml
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