L’industria alimentare europea detta in anticipo le regole al Parlamento europeo, che uscirà dalle elezioni di maggio. In un documento che ha pubblicato sul proprio sito internet (Fooddrinkeurope.eu), tenta di stoppare la diffusione, agli altri paesi eu, del modello italiano di etichettatura d’origine, con il Paese di provenienza delle materie prime scritto in modo trasparente. Una sfida lanciata per ora informalmente dal vicepremier Matteo Salvini e raccolta da alcune organizzazioni del settore, come Coldiretti e Filiera Italia.
Nel documento, intitolato Let’s step up to the plate, con un sottotitolo eloquente, la più potente lobby industriale che operi a Bruxelles, assieme a big pharma, spiega senza giri di parole cosa si aspetta da Parlamento, Consiglio e Commissione: “Prevenire ulteriori perturbazioni nel mercato unico evitando la proliferazione di misure nazionali non giustificate sotto il diritto dell’Ue”. E il diritto Ue, è quello che ha previsto nel cosiddetto sistema di etichettatura armonizzato, la possibilità di assolvere alla dichiarazione d’origine con una generico “Ue e non Ue”. Che equivale in pratica a dichiarare come provenienza il “pianeta Terra”.
Una Lobby potente
L’ “impegno” al quale Food Drink Europerichiama i futuri parlamentari europei è preciso. Da loro si aspetta che l’assise di Strasburgo intensifichi “gli sforzi per garantire che l’attuazione della legislazione alimentare della Ue da parte degli Stati membri, sia uniforme in tutta l’Unione”, anche per “ridurre gli oneri amministrativi a carico delle aziende alimentari e delle bevande, in particolare le Pmi”.
A scanso di equivoci, per riaffermare il valore politico del documento, i trasformatori lanciano un’esortazione agli europarlamentari che più diretta non si può: “Mettete l’industria in cima all’agenda politica europea durante il prossimo ciclo istituzionale (2019-2024)”.
Una vera e propria chiamata alle armi, come se ne sono viste numerose negli anni scorsi. Così efficaci, ad esempio, da silurare l’etichettatura di filiera trasparente dell’ex ministro delle Politiche agricole Luca Zaia e prima ancora, l’etichetta “100% Italia”. Un appello che non a caso arriva dopo l’approvazione, da parte del governo italiano, dell’obbligo di estendere a tutti gli alimenti la dichiarazione dell’ origine, introdotto con un emendamento alla legge Semplificazioni.
Mancano tuttora i decreti attuativi per rendere cogente la norma, ma i ministeri competenti – Sviluppo economico e Politiche Agricole – ci stanno lavorando. I decreti andrebbero notificati alla Commissione europea, aspettando il disco verde per evitare di incorrere in una procedura d’infrazione.
Competenza esclusiva
La Ue detiene infatti la competenza esclusiva sulle norme che governano l’etichettatura degli alimenti. E i decreti italiani, com’è già accaduto in passato, verrebbero autorizzati in deroga ai regolamenti comunitari e con carattere transitorio. Per ora la Commissione Ue tace soprattutto per non alimentare, con provvedimenti impopolari, l’antieuropeismo ormai sempre più diffuso in molti Paesi. Non a caso Food Drink Europe si rivolge al prossimo Parlamento e non a quello che sta scadendo.
“Le multinazionali del comparto alimentare, riunite nella lobby Food Drink Europe”, spiega a Libero l’europarlamentare della Lega, Angelo Ciocca, “pubblicando le loro priorità per la prossima legislatura europea, fanno emergere quanto ho denunciato più volte in questi anni, ovvero l’avversità per i big dell’alimentare di indicare in etichetta l’origine di cibi e bevande. Alla faccia della salute di tutte quelle famiglie che vorrebbero sapere da dove proviene il cibo che hanno nel piatto“.
“Non mi stupisce”, conclude Ciocca, “che la lobby dell’agroalimentare vada in questa direzione, favorendo ancora una volta il business sui tarocchi alimentari per affossare il vero Made in Italy, che sembra terrorizzare più che mai questa Europa”. La verità a tavola, rischia di fare parecchio rumore, sgradito ai maggiori esportatori di materie prime agricole. I tedeschi.
Articolo di Attilio Barbieri
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