18/01/2022 - La quarta dose di vaccino anti-çovid può attendere. A dirlo è addirittura Guido Rasi, consulente del commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo ed ex direttore esecutivo dell’agenzia europea del farmaco Ema. Intervistato da Repubblica, l’immunologo ha infatti parlato così dell’ipotesi di una nuova somministrazione nel corso dei prossimi mesi: “Non direi che sia l’ora della quarta dose di vaççino anti-çovid. Non ha senso mantenere il sistema immunitario continuamente attivato”.
Secondo Rasi “abbiamo una memoria che ci aiuta anche quando gli anticorpi calano. Forse non sarà in grado di evitare l’infezione, ma la malattia grave sì. In ogni caso non possiamo andare avanti con campagne vaccinali di massa ogni pochi mesi. Non è sostenibile. Bisognerebbe pensare a una risposta più strutturata”. Le parole dell’immunologo hanno però sollevato più di qualche, inquietante quesito, in relazione alle possibili conseguenze di troppe somministrazioni a distanza ravvicinata.
Rasi ha infatti spiegato: “Sappiamo bene dai vaccini che usiamo tradizionalmente che tre dosi consolidano la risposta della memoria immunitaria, e la realtà ce lo sta confermando. La quarta dose invece ci pone più domande che risposte. Sarà sicura, ma non è scontato che una stimolazione continua e ripetuta dopo un po’ non crei problemi al sistema immunitario”. Una frase, quest’ultima, che è tutta un programma.
Se non esclude la possibilità che troppe vaccinazioni a distanza ravvicinata possano creare problemi, per quale motivo il governo va avanti per la sua strada obbligando i cittadin i a vaccinarsi, senza fermarsi a porsi qualche domanda? E quel “dopo un po’” come può essere quantificato? I rischi sono solo in caso di quarta dose o ne stiamo già correndo dopo la seconda e la terza? Di fatto, il consenso “informato” che viene fatto firmare ai cittadini è soltanto uno scudo che mette lo Stato al riparo da qualsiasi conseguenza. La salute degli italiani, in questo valzer delle assurdità, viene evidentemente all’ultimo posto.
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